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sabato 28 settembre 2013

L' UTOPISMO DEI CIARLATANI


Non riesco a comprendere come si faccia ancora a parlare di destra e di sinistra, quando entrambe si adoperano in un linguaggio comune per la soluzione dei problemi sociali, ma forse riesco a percepire meglio le motivazioni, entrambi gli schieramenti hanno lo stesso denominatore che ho definito  "l' utopismo" dei cantastorie o meglio dei ciarlatani. Riguardo all'utopismo, perché il metodo utopistico genera una contrapposizione forte dove ognuno elegge uno stato ideale della società e dove le argomentazioni apparentemente razionali servono solo alla discussione politica per uscire vincitore nei confronti dei rivali. In tale contrasto non può esservi tolleranza, così come avviene nei contrasti fra le religioni utopistiche, contravvenendo anche al proprio fine ispiratore ideologico. Tutto ciò è il contrario della politica che dovrebbe occuparsi del  "fare".  Se, da imprenditore, dovessi dare una semplice ricetta per un piano di riforma sociale ammissibile direi: 
Elimina i privilegi a favore della lotta alla povertà e alla miseria concreta, lotta contro la malattia e le epidemie erigendo e non eliminando ospedali e centri di ricerca, combatti l' ignoranza come la criminalità. 
Non dovrebbe essere difficile mettersi d' accordo in una discussione, sui mali più intollerabili della società. Questi mali ci stanno di fronte qui ed ora, li sperimentano ogni giorno molte persone umiliate dalla povertà, e dalla disoccupazione. E quelli come  "noi" che non soffrono tali miserie, non hanno problemi ad incontrare ogni giorno chi può descriverle. L' atteggiamento utopistico e' dunque opposto a quello di ragionevolezza. Nessuna generazione può essere sacrificata per l' ipotetico bene di quelle future.
In merito ai ciarlatani, perché parlare di politico e' un uso improprio della parola, e' indegna per il suo nobile significato, ed è appropriata anche per i tanti che sono corresponsabili perché acclamano gli imbonitori.